Stiamo per entrare nella stagione estiva, quella che dovrebbe essere il top per il turismo italiano. Eppure sono parecchie le spine che affliggono un settore che tradizionalmente è sempre stato uno dei punti di forza della nostra economia.
I dati in chiaroscuro sul turismo
Tra il 2017 e il 2018, il dato complessivo delle presenze è salito del 3,2%. Questo incremento ha indotto l’aumento della spesa turistica, che è stata complessivamente di 84 miliardi di euro. Quasi la metà proveniente dagli stranieri. La componente straniera ha infatti avuto un costante trend di crescita sin dal 2009, aumentando lo scorso anno del +2,2%. Di positivo c’è anche il fatto che dopo anni difficili, è ripresa nel 2018 la crescita del turismo nazionale (+3,7%).
Poche mete preferite e in mesi precisi dell’anno
Tutto bene quindi? Non proprio. Il dato che preoccupa gli esperti del settore è che l’aumento dei flussi turistici si è concentrato solo su alcune destinazioni. L’Istat mostra infatti che le grandi città d’arte da sole concentrano il 19% degli arrivi e il 15% delle presenze. Peraltro si è trattato di picchi che si sono verificati solo in pochi mesi: i tre mesi estivi il 39% degli arrivi e il 52% delle presenze totali. Per il resto del tempo e per il resto delle zone turistiche, l’Italia non è riuscita a vendere la metà dei suoi “posti letto” (complessivamente 5 milioni).
La classifica del turismo
Ma chi potrebbe essere il nostro modello di ispirazione? La Francia anzitutto. I nostri “cugini” infatti sono primatisti mondiali sugli arrivi internazionali. Nel 2017 ci sono stati 86,9 milioni di arrivi. Benissimo anche Spagna (81,8) e Stati Uniti (76,9). Anche se ci considerano il paese più bello del mondo, noi siamo solo al quinto posto con 58,3 milioni di arrivi, e ci supera anche la Cina (60,7). Il dato più preoccupante è che nel 1982 eravamo la seconda meta preferita al mondo, mettendoci alle spalle Francia e Spagna.
La minaccia di nuove destinazioni
Perché questi dati dovrebbero preoccuparci? Anzitutto perché stiamo arretrando. Ma in secondo luogo, bisogna tenere in considerazione l’avanzare delle nuove destinazioni e dei Paesi emergenti, favoriti anche dal tasso di cambio molo conveniente per i turisti. Il cambio Euro lira turca è cresciuto del 7% solo nell’ultimo anno, e si tratta di uno dei motori che spingono alcune fasce di turisti verso certe destinazioni piuttosto che altre. Non vale certo solo per noi, visto che le quote di mercato dell’Europa e dell’Italia hanno registrato entrambe una forte contrazione: nel 2017 l’incidenza dell’Italia sulla spesa turistica mondiale si attestava attorno al 3,4% (nel 1982 era all’8%).
Per dare una spinta al nostro turismo, le Camere di Commercio negli ultimi anni stanno lavorando su progetti che alle statistiche tradizionali affiancano strumenti di analisi provenienti dai Big Data, trattati attraverso strumenti di intelligenza artificiale. In questo modo la proposta recettiva dovrebbe allinearsi maggiormente con le richieste, e in definitiva darci una spinta in più.